Oggi parliamo di corsa e più nello specifico di trail running.
Prima o poi, presto o tardi, tutti i runner ci cadono. Il mondo dell’off-road attrae, stimola, incuriosisce e molto spesso cattura in maniera definitiva l’attenzione di chi fa della fatica correndo un vero e proprio stile di vita.
Non soltanto i runner abitudinari dell’asfalto, i cosiddetti “stradaioli”, ma molto più spesso anche gli amanti del trekking e a volte anche i bikers amanti di MTB, si lasciano coinvolgere dalla variante più wilde del più classico podismo.
Corto o lungo o ultra, vertical o skyrun, estivo o invernale, il trail ormai ha superato il confine della “nicchia”e, di slancio, anche il rischioso status di “moda del momento” per diventare a tutti gli effetti una realtà sportiva del mondo endurance apprezzata, rispettata ed ormai di riferimento.
Ma quali sono le caratteristiche ideali dell’atleta che corre tra boschi e rocce? Certamente non ci si può improvvisare né da un punto di vista atletico né da un punto di vista del materiale utilizzato. Si tratta infatti di una specialità per cui conta molto la preparazione, gli aspetti generali ma anche i particolari più sottili, a differenza di altre attività molto più facili da intraprendere.
Il trail runner ideale è certamente un runner forte e leggero, agile, atletico e molto, molto resistente. Conosce il materiale opportuno da utilizzare in base al terreno, alla lunghezza e alle condizioni metereologiche che affronterà. E’ in grado di strutturare un buon piano di alimentazione ed integrazione da assumere durante le sue lunghe uscite, pratico, energetico e, perché no, anche gustoso. Conosce i propri limiti ed è in grado di utilizzare la propria preparazione mentale a proprio vantaggio, spingendo e stringendo i denti quando necessario ma anche rifiatando e recuperando il necessario quando se ne presenta l’occasione e la possibilità.
Rispetto ad attività molto più di routine nel gesto atletico e nella distribuzione dello sforzo, lo sportivo che si affaccia al trail running dovrebbe senza dubbio tenere in gran considerazione l’elevata variabilità degli stimoli che si presenteranno durante lo sforzo. Stimoli fisici, neuromuscolari dovuti ad una elevata variabilità degli impatti su terreni irregolari, così come gli stimoli di natura biochimica e cardiovascolare, legati ad una durata spesso prolungata, con picchi di intensità anche molto elevata a fronte di livelli basali medio-bassi sempre costanti ma mai interrotti.
Muscolarmente sarà opportuno fare un lavoro abituale sulla forza e la resistenza muscolare, nonché l’elasticità e la prontezza neuromuscolare, soprattutto se volessimo fare esperienze di alta quota, vertical o di skyrun dove gli impulsi e le difficoltà cambiano ad ogni passo e la propriocezione è posta sotto stress. Ci si riferisce, nello specifico, a tutte quelle capacità del corpo di riuscire a mantenere l’equilibrio ad ogni passo, di mantenere stabile il corpo anche in assenza di un punto di impatto regolare e/o in mancanza di sostegni visivi che facilitano tale stabilità. Se a tutto ciò associamo anche la componente “durata”, cioè la necessità di mantenere il controllo di tutte queste variabili neuromuscolari a lungo o lunghissimo termine, si rischia di creare la condizione ideale di uno stress molto protratto nel tempo al quale, necessariamente, dobbiamo essere preparati.
Il discorso “peso” è un altro punto critico da affrontare senza esitazione. Chi non dovesse avere un peso corretto ed ottimizzato per questo genere di attività sportiva dovrebbe sicuramente approcciarsi a questo aspetto in maniera prioritaria rispetto a tanti altri. Un peso eccessivo non è, in questo caso, solo sinonimo di performance inferiore ma anche di una minore sicurezza rispetto ad infortuni e danni da sovraccarico. Ancor più rispetto alla corsa su strada, in questo caso l’incidenza di un fisico più pesante del dovuto rischia di essere veramente nociva per tendini ed articolazioni, sia nel caso di un appoggio singolo, irregolare, da dover stabilizzare, sia nel caso cronico, ovvero nel ripetersi protratto del gesto. Nel primo ci potremmo trovare banalmente a confrontarci con un appoggio errato che può provocare distorsioni fastidiose, sia alle caviglie che alle ginocchia, certamente più facili da evitare in presenza di un sistema neuromuscolare ed articolare pronto ed allenato e con un’ incidenza certamente minore in presenza di minor peso che grava sull’articolazione in esame. Nel secondo caso invece sarebbe il sovraccarico il nostro principale rischio; Ripetere lo stesso gesto in maniera costante porterebbe all’affaticamento prima ed all’infiammazione poi di strutture muscolo tendinee poste sotto tensione eccessiva, maggiore all’aumentare del peso sovrastante.
Due parole sull’attrezzatura. Conoscere il percorso e la durata delle nostre uscite fa la differenza tra un allenamento piacevole, rigenerante e divertente e invece un'esperienza funesta da non ripetere assolutamente. Fondo della scarpa, tomaia, impermeabilità e traspirabilità dei materiali, accortezze sui punti di frizione e di sfregamento, materiale di ricambio, sono solo alcuni spunti di riflessione che si sentiamo in dovere di sottolineare come avvisi utili ai naviganti per aumentare il grado di consapevolezza di chi invece prenderebbe troppo sottogamba un’attività potenzialmente innocua.
Alimentarsi in maniera consapevole, idratarsi ed integrare in modo salutare, prevenendo cali e deficit molto rischiosi, con materiale ad alta digeribilità che non crei difficoltà al nostro sistema gastro intestinale ma che al contrario sia utile alla causa, è il passo successivo. Per questo però, trovi tutto l’occorrente, i kit dedicati ed i migliori consigli, all’interno del sito.