E’ una dieta nuova o solo una moda che ritorna?
Si tratta di un vero piano alimentare o più che altro di una strategia generale?
E’ salutare, facile da utilizzare ed utile a tutti oppure va trattata con rispetto e con l’aiuto di uno specialista?
Sono questi alcuni dei quesiti a cui cerchiamo di rispondere parlando del digiuno intermittente.
Tra le diete del momento non potevamo non parlare di quella che ad oggi è tra le più ‘googlate’ in assoluto: Digiuno intermittente, o Intermittent Fasting per gli anglofoni.
E’ una dieta nuova o solo una moda che ritorna? Si tratta di un vero piano alimentare o più che altro di una strategia generale? E’ salutare, facile da utilizzare ed utile a tutti oppure va trattata con rispetto e con l’aiuto di uno specialista?
Il mare magnum di informazioni che girano in internet non fanno che ingarbugliare ancora di più la situazione e quello che all’apparenza, e anche nella sostanza, sembrerebbe di facile comprensione, viene puntualmente reso complesso.
In termini semplicistici la pratica del Digiuno Intermittente prevede la suddivisione del tempo giornaliero in fasi di assenza di alimentazione, della durata superiore alle 14-16 ore, e fasi in cui ci si alimenta, della durata di non più di 10-8 ore.
Nei fatti conosciamo tutti una qualche forma di digiuno o digiuno intermittente che sia, e lo conosciamo fin dai tempi antichi, dalle esperienze avanti Cristo di Greci e Latini, ma anche da quelle più recenti di natura religiosa, con giornate di digiuni purificatori o di penitenza legati a riti o fedi differenti.
A pensarci bene, chi di voi non ha mai sperimentato, magari dopo un evento mondano serale nel quale si sia mangiato un po' più del solito o si sia andati a dormire un po' più tardi del previsto, di condensare l’alimentazione del giorno successivo tra le ore 13.00 e le ore 20.00? Andando a ritroso nella giornata precedente scopriremmo di essere rimasti senza mangiare per almeno 14-15 ore, ammettendo di aver terminato di mangiare tra le 22 e le 23.00 della sera prima. Farlo come appena descritto risulterebbe normale ed automatico se si volesse ristabilire un certo equilibrio fisiologico dopo un evento specifico, come una cerimonia o una festa religiosa, ma impostare la propria strategia alimentare sulla ripetizione di questo schema implica la necessità di strutturare un vero e proprio piano. In realtà non si tratterebbe in effetti di una dieta nell’accezione del termine di “restrizione” ma piuttosto nella sua definizione più corretta di “stile di vita”, considerando il fatto che in questo modo il soggetto è libero di mangiare le stesse quantità di cibo nel totale delle 24 ore, solamente distribuite in modo diverso.
E per quanto riguarda il “cosa mangiare”? Come si diceva in precedenza non siamo di fronte ad un vero e proprio stile alimentare quanto piuttosto ad una modalità organizzativa della propria alimentazione, che in termini qualitativi può non subire alcuna modifica; potremmo infatti mantenere la nostra alimentazione mediterranea o vegetariana, paleo o cheto o qualsiasi altra modalità scegliate, purché regolamentata negli orari prescelti dallo schema che si sta seguendo.
Ma allora di cosa dovrei beneficiare se approcciassi a questo schema? In effetti alcuni aspetti positivi ci sarebbero, così come però non sarebbero del tutto assenti aspetti negativi. Rileviamo senza ombra di dubbio che, anche in questo caso, la soggettività dello schema è la variabile determinante per classificare come positivo o negativo un determinato “stile alimentare”; in definitiva tutto dipende dal modo assolutamente personale di approcciare ad un percorso nutrizionale, alla capacità di rispettare il programma e trarne il massimo vantaggio.
Tra i “pro” c’è senza dubbio quello di poter incidere sull’apporto calorico giornaliero, riducendo gli introiti più facilmente, se questo dovesse essere l’obiettivo del nuovo approccio, avendo a disposizione 2 o 3 pasti invece che molti di più come nello schema alimentare libero. Altro vantaggio risiederebbe nelle migliori capacità dell’organismo di trarre energia da substrati energetici a base lipidica, stimolati proprio nella fase di lungo digiuno. Migliorerebbe anche la sensibilità insulinica e la produzione di GH: l’organismo si troverebbe a ragionare un po' come faceva nella preistoria nei momenti di alimentazione successivi a lunghi periodi di assenza di cibo in cerca di una preda, ovvero a dover ottimizzare i processi anabolici, sostenuti appunto dall’ormone insulina ed in seconda battuta dall’ormone GH, in vista di un eventuale e quanto mai probabile successivo momento di assenza di cibo.
I “contro”, d’altra parte, risiederebbero più nel campo pratico-organizzativo, emozionale e di “compliance” al piano alimentare. Questa nuova strategia, infatti, potrebbe essere un’arma a doppio taglio per chi dovesse incontrare difficoltà nel trattenere i propri istinti e sfociare in un’iperalimentazione durante le ore in cui si può mangiare. Altrettanto difficile risulterebbe il compito di chi, per abitudini o per orari di lavoro o familiari, sarebbe impossibilitato per necessità a seguire il nuovo piano. Per ultimo l’aspetto più prettamente emozionale che, per alcuni, troverebbe delle limitazioni laddove non fosse possibile rispettare le tempistiche decise in partenza per motivi conviviali e sociali.
Salutisticamente parlando, qualora foste interessati a sperimentare uno schema comportamentale simile, il consiglio è quello di muoversi con gradualità: analizziamo le attuali abitudini, preferenze e gusti personali per poi procedere a piccoli passi verso un vero digiuno intermittente, senza però superare i limiti del fisiologico oltrepassando ad esempio le 24h senza cibo privi di un consulto o di un supporto medico adeguato.
Insomma, mai come in questo caso ci sentiamo di consigliare un approccio soggettivo alla materia, con l’unico vero grande obiettivo posto nel raggiungimento di una massima “compliance” da parte del soggetto, ovvero della miglior aderenza possibile alla nuova abitudine, senza la quale qualsiasi modifica del nostro attuale regime risulterebbe di scarsa durata e con altrettanto scarsi risultati.